Saint Albert, Novembre 2006
Carissimi amici,
Eccomi alla seconda… puntata della mia vita attuale in questa terra “promessa” a me da lungo tempo, e raggiunta cosi’ tardi! Lo Zimbabwe.
Come Abramo, l’avevo intravista solo da lontano, ma ora finalmente la posseggo con grande gioia.
Si! Come la terra promessa stilla latte e miele, ma solo per pochi privilegiati che vivono in città o sono proprietari di latifondi.
Della terra vi ho gia’ detto abbastanza nelle mie lettere precedenti o discorsi fatti e anche delle difficoltà degli attuali proprietari. Quello che vediamo con grande sofferenza e’ che e’ ritornato la sottonutrizione o meglio la fame con il suo immancabile corteo di malattie e di morte.
Il nostro ospedale e’ sempre pieno oltre ogni limite, con i malati anche sul pavimento. Vengono qui perché i medici non scioperano come nel resto del Paese, perché sono curati con amore, e perché non devono pagare una somma ernorme come negli ospedali governativi.
L’inflazione ufficiale e’ al 3,230%, ma realmente e’ al 6,000%! Con il salario di un mese a malapena si può comprare .. un uovo! I supermercati sono pieni di merce, ma nessuno compra, perché nessuno ha il denaro sufficiente. Noi come ospedale possiamo andare avanti per un pò, perché abbiamo in Italia amici come voi che ci aiutano. Senza di loro non potremo nemmeno comprare i farmaci di base, (non certamente quelli specialistici). I farmaci antiretrovirali, cioé quelli per la terapia dell’AIDS, non ci sogniamo nemmeno di acquistarli perché contano moltissimo.
Come forse sapete, la missione di Saint Albert e’ a 1200 metri di altezza, ma appena a 37Km dalla sottostante vallata dello Zambezi, dove le condizioni di vita sono veramente terribili. Ogni mese un gruppo di infermieri, parte da St Albert per andare a trovare e curare i pazienti cronici e quelli affetti da AIDS nelle loro case, (povere capanne) senza luce e senza acqua.
Anche noi alla missione siamo tante volte senza luce e acqua come loro: ma per noi e’ ancor piu’ angosciante, perché non sappiamo come mandare avanti l’ospedale senza acqua e luce. Avete mai provato a lavorare o solo a visitare un ospedale senza acqua? Il governo non riesce a pagare i debiti contratti con i Paesi vicini, da dove importava la corrente elettrica, e cosi’ questi ultimi hanno interrotto i loro rifornimenti.
La settimana scorsa sono andata nella vallata con gruppo di infermieri ed ho dormito due notti laggiù: dire che sono rimasta scioccata e’ dire poco, ed anche piena di rimorsi! In Europa, buttiamo
via ciò che qui’ sarebbe preziosissimo!
Penso ai nostri bambini che hanno tutto, che mangiano solo quello che a loro piace, penso alle nostre spazzature piena di scarti che qui’ sarebbero ottimo cibo! Penso a noi che viviamo sopra la nostra possibilità, con un commercio internazionale iniquo che, (pagando a basso prezzo le materie prime e vendendo ad alto costo i manufatti), privilegia i ricchi e condanna i poveri. Pensoal nostro silenzio …. colpevole! Quanti cristiani in Italia denunciano questa situazione? Ben pochi, forse solo i missionari! Ma loro, si sa, sono i soliti …, rompiscatole che lo fanno …. per mestiere! Chi sa? Allora coraggio, cari amici, alziamoci in piedi e urliamo tutta la nostra ingiustizia e viltà –
chiediamo perdono a Dio e convertiamoci finalmente! Siamo andate nella vallata non solo per trovare i malati ma anche per parlare con in cosiddetti “care givers” – tradotto a lettera, “portatoridi cure”. Sono dei “volontari” che vanno nelle case dei pazienti a vedere se prendono attentamente le loro medicine, se hanno bisogno di essere lavati, se hanno il sapone,l’ acqua, la legna etc. Ho detto loro che sono dei collaboratori preziosi per noi, perché conoscono i pazienti meglio di noi!
Il dottore infatti sa tutto della malattia, ma poco del malato: chi e’, che cosa fa, dove abita, come è la sua famiglia, la sua psicologia e i suoi bisogni! Ecco perciò i “care givers” sono gli ambasciatori dei malati presso il medico. Come vi ho detto sono dei volontari non pagati come alcuni dei nostri volontari! Solo che i nostri provengono da condizioni agiate, mentre le loro condizioni di vita sono poverissime! Ma l’ho sperimentato tante volte: i piu’ poveri sono e’ piu’ generosi!
Qui’, sono anche diventata … professoressa di Italiano: una carriera molto rapida, come vedete!
Nel Settembre prossimo verranno in Italia tre ragazzi e due ragazze: i ragazzi andranno a Modena per studiare due da agronomo e uno da elettrotecnico. Le ragazze, invece, staranno a casa nostra (dell’ASI) a Roma per studiare una da Assistente Sociale e una da tecnico oculistico. Io insegno loro l’italiano: la grammatica, ma anche i canti. Hanno imparato “Ciao, Ciao bambina” e “Bella Ciao”! Cantando si impara meglio e in allegria!
Come vi ho gia’ detto la Liturgia è meravigliosa ed in chiesa alla domenica e’ una vera gioia che alletta il cuore e nutre l’anima. Questa terra promessa stilla latte e miele, ma anche come vigna della parabola, produce rovi e spine! Noi preghiamo che il Signore la affidi ad altri vignaioli!
Pregate cari amici, pregate tanto! Il Signore ha, pietà dei suoi poveri e ascolta il loro grido! Io sono sicura! Ma noi dobbiamo pregare senza stancarci.
Preghiamo perché la nostra fede sia incrollabile, la nostra speranza, piena di gioia, la nostra carità instancabile.
Preghiamo Maria, la madre amorosa, perché interceda presso il Suo Figlio grazia e misericordia per noi peccatori.
Voi siete sempre nel mio cuore, che nutre per voi affetto, amicizia, gratitudine. Si! Tanta gratitudine perché pensate a noi, ci volete bene e ci aiutate. “Avevo fame e mi hai dato da mangiare!” Siano queste le parole che voi possiate ascoltare dal Signore alla fine della vostra vita.
“Entra, servo fedele nel gaudio del tuo Signore”. Si! Entreremo tutti nel Suo gaudioci ameremo l’un l’atro con cuore ardente e sincero, e saremo felici per sempre. Cosi’ sia!
Ciao, carissimi amici, vi abbraccio con affetto e con fraterna amicizia.
In Cristo nostro Signore e Salvatore
La vostra amica-sorella
Rosalba Sangiorgi
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Rosalba Sangiorgi
DA ROSALBA SANGIORGI, MISSIONARIA A SAINT ALBERT – 2006
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Padre Vicente Turri: ha segnato la nostra memoria e il nostro cuore
Vincenzo Turri, missionario comboniano, è morto il 12 ottobre a Castel D'Azzano (Verona, Italia). Aveva 85 anni. Negli ultimi anni aveva sofferto molto a causa di un tumore maligno all'orecchio sinistro. Nelle ultime settimane era peggiorato diffondendosi ad altri organi del suo corpo. Ha lavorato in America Centrale dal 1982 al 2014.
Padre Vicente Turri, missionario instancabile.
Il 19 ottobre abbiamo celebrato nella parrocchia di Nostra Signora della Medaglia Miracolosa del Barrio Cuba una solenne Eucaristia di requien in sua memoria presieduta da P. Víctor-Hugo Castillo Matarrita, superiore provinciale in America Centrale.
Quella che segue è l'omelia di P. Victor-Hugo.
In memoria di P. Vicente Turri
Lagosanto (FE) 05 ottobre 1933 – Castel D'Azzano (VE) 12 ottobre 2018
Parrocchia della Medaglia Miracolosa, Barrio Cuba – San José – Costa Rica
19 Ottobre 2018
"Signore, che cos'è un uomo perché tu ti ricordi di lui; L'essere umano per dargli potere? Lo hai fatto poco inferiore agli angeli, lo hai coronato di gloria e di dignità" (Salmo 8).
È quel mistero dell'uomo, dell'essere umano che contempliamo quando nel nostro cammino incontriamo qualche missionario che segna la nostra vita. Sì, molti di noi sono stati segnati dalla persona e dalla testimonianza di P. Vicente Turri. Il suo passaggio attraverso la nostra terra, attraverso le terre centroamericane ha lasciato il segno. Un segno nella memoria ma anche nel cuore: l'impronta della missione, l'impronta del missionario entusiasta che con il suo timbro di voce e la sua grande creatività ci ha affascinato.
Vicente Turri:
- Nato a Lagosanto, Provincia di Ferrara -Italia- il 05 ottobre 1933
- Nel 1945 – all'età di dodici anni – entrò nel seminario di Comacchio.
- Nel 1950 entra nell'Istituto dei Missionari Comboniani di Verona.
- Montini (da domenica scorsa -14- San Paolo VI). E nel 1959, il 14 marzo, fu ordinato sacerdote da Mons. Giovanni Mocellini, vescovo di Comacchio, nella città di Mezzogoro, dove era parroco lo zio Mons. Giuseppe Turri. Il 15 marzo (giorno della nascita di San Daniele Comboni) celebra la sua prima Messa nella sua patria Lagosanto.
- Nel 1962 partì come missionario per la Baja California. E nel 1970 in Messico inizia la sua attività di animatore missionario.
- Nel 1982, dopo vent'anni in Messico, è stato inviato in Costa Rica per il servizio di animazione missionaria.
Nella parrocchia di Barrio Cuba, in Costa Rica, questo venerdì 19 ottobre, c'è stata una celebrazione speciale, ricordando il grande missionario.
Qui conosciamo il grande impatto che ha avuto: promozione di incontri, gruppi missionari nelle parrocchie, corsi di formazione per animatori missionari, per giovani, adolescenti e bambini dell'infanzia missionaria. Organizzò anche congressi parrocchiali sempre nella dimensione della missione ad gentes. Scrisse e diffuse molta letteratura missionaria diffondendo libri e le riviste Esquila Misional e Aguiluchos per bambini. Ha visitato molte scuole e collegi trasmettendo il suo entusiasmo e promuovendo vocazioni tra i più giovani. Ha interagito con molti amici e benefattori condividendo la passione per la missione attraverso la newsletter "Iglesia Comunidad Misionera". La sua voce era già ben nota attraverso le onde radio con programmi sulla missione ad gentes ma anche per i giovani nella promozione delle vocazioni missionarie. Molti di noi, Comboniani e Comboniane, ci riconosciamo come il frutto della sua immensa opera missionaria e della sua passione.
Fu uno dei grandi promotori, insieme a padre Gianpiero Pini, della costruzione del seminario nella Sagrada Familia.
- Nel 1989 i suoi superiori gli chiesero di trasferirsi in Guatemala per iniziare lì ciò che era già stato consolidato qui in Costa Rica e altri potevano continuare. In uno spirito di obbedienza prese la sua valigia e si trasferì a Città del Guatemala. Da lì ha anche girato quasi tutto il paese da nord a sud da est a ovest. Alcuni anni dopo si trasferì in El Salvador dove trascorse gli ultimi anni del suo servizio missionario in America Centrale.
In tutti i luoghi in cui ha lavorato come missionario ha sempre mantenuto la stessa metodologia missionaria e la stessa passione per la sua vocazione e missione. I limiti logistici del tempo non gli impedirono di organizzare il suo lavoro. I tasti della sua macchina da scrivere echeggiavano fino a tarda notte o molto presto al mattino. Gli stencil erano i suoi migliori alleati nella moltiplicazione del materiale che produceva per l'animazione missionaria.
In Costa Rica, Guatemala ed El Salvador è sempre stato molto apprezzato dai sacerdoti e dai vescovi che lo hanno conosciuto. Molto amato e stimato da tutti coloro che lo hanno trovato. Ed è che, chi lo ha sentito parlare non è rimasto indifferente. Aveva una grande capacità di affascinare e convincere. P. Vicente insieme a P. Enrique Faré (+) formarono un impressionante duo di missionari appassionati della missione ad gentes. Molti di noi sono stati fortunati e... la grazia di conoscerli e di percorrere con loro "qualche chilometro missionario".
- Nel 2014 ha chiesto di tornare in Italia, sua terra d'origine, per continuare la sua opera di animazione missionaria. Alcuni di noi hanno cercato un modo per convincerlo a rimanere con noi, ma non ci siamo riusciti. Era convinto che la sua missione in America Centrale fosse finita. Partì con lo stesso entusiasmo missionario con cui aveva trascorso i migliori anni della sua giovinezza in America Centrale e in Messico.
Quando P. Vincenzo ha aperto il suo cuore, sono sorti in lui dei bei momenti della sua vocazione missionaria e comboniana. Dichiarato:
- Cerco invano l'origine della mia vocazione: fin da bambino mi sentivo incline, quasi istintivamente, alla vita sacerdotale; Sentiva che solo in quel modo poteva essere felice. I miei genitori e i miei insegnanti mi hanno sempre incoraggiato profondamente.
- Mi piaceva andare al catechismo, alle riunioni e alle feste nella mia parrocchia. Ero felice quando i sacerdoti mi affidavano qualche compito o responsabilità.
- Sentivo che la missione negli altri continenti mi attraeva irresistibilmente: quella era la mia strada.
Uomo buono e molto umano
Il Padre Provinciale ha ricordato l'uomo buono, il missionario che si è logorato e logorato, l'uomo consacrato da mostrare a Dio.
Le testimonianze su di lui lo definiscono un "testimone discreto e riservato, entusiasta"; Persona molto dolce e dal cuore grande. Al suo piacevole timbro di voce si unì un gesto di affetto e di fraternità che mostrava il Trascendente.
Padre Vincenzo era un uomo buono, umile e di grande gentilezza. Sempre con le sue battute faceva ridere anche chi aveva dimenticato che nella vita vale anche la pena sorridere.
L'umiltà è la capacità del Signore, il cui potere è quello di servire e amare. Umile è colui che non fa valere i suoi diritti, cede piuttosto che arrabbiarsi. L'umiltà è la capacità di riconoscere che nelle relazioni personali la passione persuasiva dell'amore è più efficace della coercizione. L'umiltà è la capacità di credere nella forza dell'amicizia. Chi ama è sempre umile. Ecco perché padre Vincent aveva molti amici. Si ricordavano sempre di lui e chiedevano notizie di lui.
Vincenzo era un uomo buono che si lasciava toccare dal dolore e dalla sofferenza degli altri. In due occasioni, una prima di essere provinciale e l'altra come provinciale in un dialogo fraterno che ho avuto con lui, ho visto che anche il missionario semplice e umile che vedevo in lui aveva la fragilità che traspariva dalle sue lacrime. Anche i missionari piangono. Il dolore e la sofferenza di tante persone che incontriamo lungo la strada ci insegna a piangere.
Grazie P. Vicente per il dono generoso della tua vita offerto nelle terre centroamericane fino a quando le tue forze lo hanno permesso. Grazie per aver amato la Chiesa, l'Istituto e la missione ad gentes.
Grazie per essere rimasto con noi come uomo umile e semplice, a immagine di Cristo. La vostra testimonianza ci edifica.
Grazie per la pazienza con cui avete sopportato la malattia che vi ha accompagnato durante i vostri ultimi giorni mentre, come afferma l'apostolo Paolo, il vostro corpo esteriore veniva consumato.
Il seme della Parola che avete seminato in queste terre, nel tempo continuerà a portare frutto. Il Signore Gesù, che vi ha sempre amati, vi accolga tra le sue braccia e vi conceda il premio promesso ai servitori fedeli.
Riposa in pace!
Victor-Hugo Castillo Matarrita,
Padre Provinciale, PCA
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Don Piero Tollini nacque a Besozzo, in provincia di Varese il 12 aprile del 1921. Dopo il diploma dell’istituto Tecnico Commerciale del capoluogo, lavorò per un breve periodo a “La Prealpina” . Su suggerimento di Don Primo Mazzolari, che reggeva la Chiesa di Bozzolo, frequentò il Seminario di Ferrara, ai tempi in cui Vescovo era Monsignor Ruggero Bovelli. Venne ordinato sacerdote il 20 maggio 1952, e successivamente inviato come cappellano nella Parrocchia della Sacra Famiglia e San Martino dal 1954 al 1971 e successivamente parroco a Montalbano dal 1971 al 1988, per poi passare nella nuova parrocchia di Santa Maria del Perpetuo Soccorso a Borgo Punta fino al 1998 . Nel 1998 si ritirò in un appartamento messo a disposizione dalla Diocesi di Ferrara. Tra i suoi maestri riconobbe sempre don Bosco, don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci e padre David Maria Turoldo.
Don Piero è stato ordinato sacerdote a Ferrara negli anni Cinquanta e ha ricoperto l’incarico di vice parroco alla Sacra Famiglia e a San Martino per un paio d’anni e successivamente è diventato parroco di Montalbano dal 1957 al 1971. In quell’anno l’arcivescovo Natale Mosconi lo ha nominato parroco al Perpetuo Soccorso di Ferrara dove è rimasto fino al 1998. È morto alla clinica Toniolo di Bologna dopo l’aggravarsi della malattia nel febbraio 2007. La memoria di don Piero, a 14 anni dalla sua morte, è ancora viva in quanto hanno saputo apprezzare in lui la sua coerenza di pensiero e per quel suo essere dalla parte degli ultimi, come insegnavano due figure di riferimento fondamentali: don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani. Ha saputo anticipare i tempi, in maniera profetica, come possono testimoniare tantissimi ferraresi che lo hanno avuto come parroco e a coloro che si spostavano per andare ad ascoltare le sue omelie, cariche di valori e carità.
Descrizione
"Perché ricordare don Piero Tollini a dieci anni dalla morte? Perché ripercorrere la sua vita nei profondi cambiamenti della chiesa cattolica nel Novecento? Perché ognuno di noi vive dei cambiamenti, e l'incontro con alcune persone diventa una fortunata occasione e opportunità, che aiuta a riflettere per favorire queste passaggi impegnativi. Un libro che non vuole solo essere una delicata e affettuosa rievocazione da parte degli amici del ricordo di don Piero Tollini, ma una puntuale riflessione sulla sua esperienza sacerdotale e sui suoi rapporti, nell'ambito di un difficile periodo storico e nel contempo di profondi cambiamenti." (Roberto Cassoli)
Don Piero Tollini
Riflessioni sulla vita di un “prete”
Ventisette anni nella nostra parrocchia del Perpetuo Soccorso, dal 1971 al 1998.
Molti di voi l’hanno conosciuto ed imparato ad apprezzare.
Era nato a Besozzo Varese) il 12-04-1921 ed è morto il 24-02.2007.
Al funerale, in cattedrale, era riunita una buona parte della parrocchia. C’erano tanti preti ed il Vescovo ha tenuto una bella omelia.
Mi rifaccio a questa omelia e ad un articolo di Gian Pietro Zerbini per parlarvi un po’ di don Piero e poi vi aggiungo qualcosa di mio.
Il Vescovo non ha voluto fare un “panegirico” ma ha voluto leggere, alla luce del Vangelo, la testimonianza di vita che don Piero ci ha dato. Ed è questo che interessa a noi “cristiani”.
La prima testimonianza che don Piero ci ha dato è stata la “scelta preferenziale” per i poveri. Don Piero ha sempre donato con carità, a piene mani. In parrocchia ha organizzato un gruppo di persone che si tassavano volontariamente con una quota mensile e l’ha chiamata: FAC (Fraterno Aiuto Cristiano). Gruppo, che come potete vedere anche dal Resoconto Economico parrocchiale opera ancora oggi in modo molto efficace. Un Resoconto Economico che don Piero pubblicava ogni anno a Natale (chiudendolo al 30 Novembre di ogni anno) ed anch’io ho mantenuto questa tradizione.
Da quello che leggo e che mi viene riferito, don Piero era molto schietto ed incisivo quando spiegava il Vangelo. Faceva riferimenti espliciti in campo sociale e politico. In questo era un prete “scomodo”. Per anni fu accusato di avere simpatie comuniste e perfino eretiche, esaltato da alcuni ed osteggiato da altri. Quelli che lo conoscevano bene, sanno però che il suo, non era uno “schierarsi politicamente” ma una scelta fatta a causa del Vangelo. La sua era una fedeltà a Gesù Cristo, che è sempre dalla parte dei poveri, dei sofferenti, degli emarginati.
In questo, don Piero, seguiva l’esempio di quelli che chiamava suoi “maestri”: don Bosco, don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani.
Di don Piero mi sono stati raccontati anche alcune sue testardaggini, alcune fragilità ed alcuni simpatici aneddoti, dovuti a volte al suo carattere irascibile, a volte ai suoi tentennamenti. Anche noi preti siamo dei poveri peccatori e come tutti abbiamo bisogno di un po’ di benevola comprensione e di perdono.
Quello che resta però, ora che la sua vita terrena si è conclusa, è la sua fedeltà a Cristo e la sua testimonianza con le scelte concrete della sua vita oltre che con le parole.
Don Piero, per 27 anni in questa parrocchia, ha speso la sua vita, le sue energie, la sua passione per annunciarvi Cristo. Ha continuato fino alla fine a camminare nella fede del Signore ed a pregare con molta fedeltà ogni giorno. Vi chiedo di non parlare di lui in modo troppo superficiale o sbrigativo, alcuni criticandolo per certe sue affermazioni e altri, per le stesse affermazioni, apprezzandolo senza cogliere invece fino in fondo la sua testimonianza di vita. Se vogliamo accogliere don Piero nella verità della sua persona, pur con le sue fragilità, accorgiamoci che è stato “prete” fino in fondo ed allora la sua testimonianza può farci un gran bene
don Lino Faggioli
A MONTALBANO INAUGURATO IL NUOVO PIAZZALE INTITOLATO A DON PIERO TOLLINI
Ferrara, 7 luglio 2023.
"È stato un confratello di grande cultura - ha sottolineato don Graziano Donà - e intitolargli una piazza, luogo di incontro e amicizia è molto azzeccato. Ha infatti saputo costruire con la sua presenza l'identità di Montalbano e ovunque sia stato è stato una figura di riferimento. Che ci aiuti ad incontrarci sempre più, ne abbiamo bisogno in questo tempo".
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